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Stress lavorativo
(del 25 05 2018)

La Corte di Cassazione, con la sentenza n. 12808 del 23 maggio 2018, ha affrontato il caso del decesso per arresto cardiaco di un lavoratore, per il quale gli eredi avevano chiamato in causa il datore di lavoro ritenendo che lo stesso fosse stato causato dalle condizioni di lavoro, e quindi ritenendo sussistente la responsabilità secondo quanto previsto dall’art. 2087 del Codice Civile, il quale, come noto, prescrive al datore di lavoro l’adozione di tutte le misure necessarie, secondo la particolarità del lavoro, l’esperienza e la tecnica, per salvaguardare la sicurezza e la salute del lavoratore; in particolare, ritenevano che il decesso fosse dovuto all’eccessivo stress lavorativo al quale era stato sottoposto, con presenza di lavoro notturno e lavoro straordinario.

Secondo i giudici, tuttavia, “l’articolo 2087 non configura un’ipotesi di responsabilità oggettiva, in quanto la responsabilità del datore di lavoro va collegata alla violazione degli obblighi di comportamento imposti da norme di legge o suggeriti dalle conoscenze sperimentali o tecniche del momento, a ciò conseguendo che incombe al lavoratore che lamenti di aver subito, a causa dell’attività lavorativa svolta, un danno alla salute, l’onere di provare l’esistenza di tale danno, come pure la nocività dell’ambiente di lavoro, nonché il nesso tra l’uno e l’altro, e che solo se il lavoratore abbia fornito la prova di tali circostanze sussiste per il datore di lavoro l’onere di provare di aver adottato tutte le cautele necessarie ad impedire il verificarsi del danno e che la malattia del dipendente non è ricollegabile alla inosservanza di tali obblighi”.

Inoltre, “neanche la riconosciuta dipendenza della malattia da una causa di servizio implica necessariamente, o può far presumere, che gli eventi dannosi siano derivati dalle condizioni di insicurezza dell’ambiente di lavoro, potendo essi dipendere piuttosto dalla qualità intrinsecamente usurante della ordinaria prestazione lavorativa e dal logoramento dell’organismo del dipendente esposto ad un lavoro impegnativo per un lasso di tempo più o meno lungo, restandosi così fuori dall’ambito dell’articolo 2087 cod. civ., che riguarda una responsabilità contrattuale ancorata a criteri probabilistici e non solo possibilistici”.

In applicazione di tali principi, secondo la Suprema Corte, le concrete modalità di esecuzione della prestazione lavorativa portavano ad escludere ogni inadempimento da parte del datore di lavoro, non ritenendo quindi che l’evento dannoso potesse essere ricondotto all’attività lavorativa svolta dal lavoratore.




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