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TUTELA DELLA SICUREZZA DEI SOGGETTI ESTERNI ALL'AZIENDA
(del 23 09 2017)

Capita spesso che persone estranee all’azienda si trovino ad operare all’interno dei locali per attività saltuarie e spesso non adeguatamente valutate ai fini della sicurezza.

Tuttavia, anche di questi soggetti è necessario garantire la sicurezza e la salute, seppure la loro attività non rientri nel coordinamento di cui all’art. 26 del Testo Unico.

In tal senso è esemplare quanto riportato nella sentenza 41976 del 14 settembre 2017 della Corte di Cassazione, che ha visto la condanna del legale rappresentante di una società per la morte del dipendente di un’altra impresa alla quale era stato richiesto un preventivo per l’esecuzione dei lavori di rifacimento del tetto, deceduto cadendo dal tetto durante il sopralluogo finalizzato alla predisposizione dell’offerta, quindi in una fase nella quale non vi era nessun rapporto formale tra le due imprese.

Era stata infatti ritenuta sussistente, dalla corte territoriale, la sua penale responsabilità “per aver consentito lo svolgimento del sopralluogo in totale spregio della normativa antinfortunistica all’interno della propria impresa”, avendo dovuto egli “accertarsi preventivamente che l’attività di verifica della tipologia di interventi relativi al tetto del capannone industriale, riguardante un luogo oggettivamente pericoloso, fosse eseguito in sicurezza”.

Tale impostazione è stata successivamente confermata dalla Corte di Cassazione, la quale ribadisce che il datore di lavoro ha l’obbligo di garantire la sicurezza nel luogo di lavoro per tutti i soggetti che prestano la loro opera nell’impresa, senza distinguere tra lavoratori subordinati e persone estranee all’ambito imprenditoriale, e che in materia di infortuni sul lavoro l’imprenditore assume la posizione di garante della sicurezza degli impianti non solo dei lavoratori subordinati e dei soggetti a questi equiparati, ma anche nei confronti delle persone che – pur estranee all’ambito imprenditoriale – vengano comunque ad operare nel campo funzionale dell’imprenditore medesimo, ed anche dei terzi che si trovino nell’ambiente di lavoro.

Secondo i giudici, quindi, il datore di lavoro doveva garantire la sicurezza sul luogo di lavoro nei confronti dell’infortunato, recatosi nella sede dell’impresa al fine di eseguire un sopralluogo in vista della esecuzione di lavori di rifacimento del tetto della struttura, pur in assenza della formale stipula di un contratto di appalto o di un rapporto di lavoro subordinato tra loro intercorrente, potendosi assimilare la posizione della vittima dell’infortunio a quella di un terzo venuto in contatto con l’ambiente di lavoro.

Da questo punto di vista, si ribadisce l’importanza di gestire, ai fini della sicurezza, anche tutte le situazioni di accesso di terzi, in particolare se gli stessi devono recarsi in luoghi di lavoro particolarmente pericolosi quali i tetti degli edifici.



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