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DETTAGLIO NEWS

Circolare INAIL sulla tutela infortunistica nei casi accertati di infezione da coronavirus
(del 21 05 2020)

L’INAIL, con la circolare n. 22 del 20 maggio 2020, è intervenuta nuovamente sul tema, ampiamente dibattuto, della eventuale responsabilità penale e civile del datore di lavoro in caso di infezione da coronavirus di propri lavoratori dipendenti.

Come noto, il legislatore, con l’articolo 42, comma 2 del D.L. 18/2020 ha stabilito che l’infezione da SARS-CoV-2 è tutelata dall’INAIL quale infortunio sul lavoro, in accordo con i principi espressi in materia, in base ai quali la causa virulenta (l’infezione) è equiparata alla causa violenta.

Inoltre, è previsto che gli oneri derivanti dagli eventi infortunistici del contagio non incidono sull’oscillazione del tasso medio per andamento infortunistico, e quindi non comportano maggiori oneri per le imprese, nella consapevolezza della difficoltà, da parte del datore di lavoro, di controllare pienamente tale fattore di rischio, similmente a come avviene per gli infortuni in itinere.

Da questo punto di vista, il fatto che il contagio sia considerato un infortunio sul lavoro, non comporta alcun automatismo ai fini di una valutazione in relazione alla responsabilità del datore di lavoro: non possono infatti confondersi i presupposti per l’erogazione di un indennizzo INAIL con quelli per la responsabilità penale e civile, che devono essere rigorosamente accertati con criteri diversi da quelli previsti per il riconoscimento del diritto alle prestazioni assicurative.

Pertanto, afferma la circolare, la responsabilità del datore di lavoro è ipotizzabile solo in caso di violazione della legge o di obblighi derivanti dalle conoscenze sperimentali o tecniche, che in questa fase sono costituite dai protocolli e dalle linee guida governative e regionali di cui all’art. 1, comma 14 del D.L. 33/2020 e che sono da ultimo richiamati dal D.P.C.M del 17 maggio 2020.

Per quanto riguarda l’azione di regresso, anche in questo caso, secondo l’INAIL, in assenza di una comprovata violazione, da parte del datore di lavoro, delle misure di contenimento del rischio di contagio di cui ai protocolli o alle linee guida, sarebbe molto arduo ipotizzare e dimostrare la colpa del datore di lavoro.

Ancora una volta quindi si vede come, al fine di evitare non solo il rischio di infortunio e di contagio, che è l’obiettivo primario delle norme di prevenzione, ma anche le responsabilità penali e civili per il datore di lavoro, oltre a quelle amministrative per l’azienda, è assolutamente necessario adottare in modo scrupoloso ogni misura richiesta dai protocolli, compresi quelli di settore.



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