La Corte di Cassazione, con la sentenza n. 24917 del 5 giugno 2019, affronta il tema della definizione della durata dell’infortunio; il caso riguarda un lavoratore colpito al capo al quale era stata in prima battuta formulata una prognosi di due giorni, aumentati fino a 73, rendendo quindi il reato aggravato e procedibile d’ufficio. L’imputato contesta nel suo ricorso la quantificazione della durata, ritenendo che dai certificati medici di prosecuzione di inabilità acquisiti non fosse rilevabile la ragione e l’attualità della patologia. Sul punto, tuttavia, la Corte, premettendo che all’INAIL sono demandati, come attività di istituto, gli accertamenti, le certificazioni e ogni altra prestazione medico-legale sui lavoratori infortunati e tecnopatici, e quindi la valutazione medico legale compiuta dai medici INAIL assume particolare valore e come tale accettata.
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